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2025-01-16

Vedere è costruire.

EMMANUEL EXITU

Fare storia, fare memoria, fare “content design” (con una punta di AI)

La produzione dello shortmovie per la Fondazione De Gasperi

Quando si racconta qualcosa, qualunque cosa, alta o bassa che sia, si tratta sempre di esplorare per scoprire, e quello che si esplora è una zona di contatto tra noi e ciò che si racconta, una zona di confine. Che non è - come solitamente si pensa - il segno che ci divide da “ciò che è altro da noi”, ma il luogo dove ci si può incontrare perché si condivide “la stessa fine”, dove si incontra la diversità dell'altro che condivide con noi il confine: cum-finis è “il luogo dove si finisce assieme” (infatti non è tanto lontano da “affine” che - guarda il caso - indica ciò che è vicino). Raccontare significa scoprire questo luogo.

Grazie a Paolo Alli e Martina Bacigalupi della Fondazione De Gasperi che ci hanno fatto vivere questa avventura.

Che è andata più o meno così.


SCRIPT

RINUNCIARE ALL'ILLUSIONE PER TROVARE IL CORAGGIO DI SPERARE

Nel primo brief con sono state usate molte citazioni di De Gasperi che ho trovato belle, calde di passione ideale e piene di visioni concrete che sembravano folli nel momento in cui state dette. Sono parole che commuovono, ci “muovono assieme” a lui. L’etimo è cum-movere, e ci fa sospettare che il “con” sia un elemento capace di descrivere quasi tutto ciò che ha fatto De Gasperi: ha sempre fatto con. Era - nei fatti - uno che non si fermava mai. Così ho pensato che le sue parole fossero il posto giusto dove cercare una narrazione che tenesse insieme storia e memoria.

Da qui viene l'idea principale dello script: la storia di De Gasperi la racconta lui, in prima persona, con le sue parole. E dialogando e collaborando con la Fondazione, sotto la supervisione storico-filologica, ho quindi scritto la sceneggiatura che mette insieme le sue parole tessendole con altre non sue, ma che rispettano lo spirito dell'uomo.

Come nell'incipit, dove De Gasperi comincia così: “Vengo dalle montagne, da una terra di confine.”

VISUAL

UNIRE I MATERIALI D'ARCHIVIO CON L'ANIMAZIONE DIGITALE

Trovata la chiave narrativa, bisogna trovare la chiave visiva tenendo conto dei limiti dati, di tempo e budget. Dal punto di vista artistico, volevo mettere insieme la storicità dei materiali d'archivio con la contemporaneità dell'animazione digitale.

È possibile farlo rispettando le esigenze della storia e quelle dello storytelling?

È possibile fare un uso creativo dei materiali di repertorio senza snaturarli?

Con Andrea “Joy” Trussardi alla direzione artistica e Nicola “Nick” Lonato alla supervisione organizzativa abbiamo analizzato i materiali per mettere insieme uno storyboard che rendesse la precisione della storia e insieme il sapore della memoria personale. Qui abbiamo lavorato in due direzioni, racconta Joy: “Da una parte c'erano i materiali di bassa qualità che quindi dovevamo rendere gradevoli al gusto di oggi, usando tool di AI per renderle migliori e rendere più facile il lavoro degli animatori. Dall'altra c’era la necessità di inventare composizioni ex novo lavorando in modo più iconografico per rispondere all’esigenze dello script, creando quindi inquadrature che abbandonano la narrazione descrittiva per diventare più simboliche.”


REGIA

VEDERE OLTRE LA NEBBIA

Dentro l'incertezza dei tempi e la nebbia degli eventi, De Gasperi non si è mai fermato, andava avanti in prima persona, così mi ha spinto a cercare soluzioni di regia a servizio del racconto in prima persona. Così il carrello in avanti o laterale della macchina da presa è molto presente perché ha un duplice scopo: sottolineare la corsa inarrestabile del tempo, l'urgenza delle cose, e fare sentire l'approfondimento spirituale del personaggio che racconta e insieme riflette sulla propria vicenda personale. Il movimento permette poi di utilizzare il “crash zoom” per entrare in alcuni dettagli e approfondire la narrazione e poi per uscirne, senza forzature.

La nebbia nella prima parte e le nuvole nella seconda parte sono la chiave essenziale del racconto perché rappresentano il clima di incertezza, di limitatissima chiarezza dentro il quale De Gasperi ha vissuto e fatto le sue scelte. Tutto il racconto ci porta attraverso scene sospese all'incertezza perché De Gasperi non era un supereroe che vedeva attraverso la nebbia della storia, ma era un uomo che guardava oltre grazie al coraggio di sperare, confidando (di nuovo un “con”: cum fides) nelle possibilità costruttive del bene, nella sua capacità di smaltire i frutti del male, nella sua potenza di fecondare la storia indipendentemente dai danni che ha subito. Questa costruzione non avviene attraverso una cavalcata trionfale, dove ogni cosa è sotto controllo e va come deve andare: non è un illuso che vede cose inesistenti, è un visionario che cerca di costruire la sua visione cogliendo nel presente tutti gli appigli offerti della realtà per quanto, a volte, possano apparire irrilevanti perché microscopici, o dolorosi perché taglienti.


ANIMAZIONE

TROVARE IL GIUSTO RESPIRO

La sfida degli animatori - Marco “Poci” Pochetti e Marco De Luca, motion designer con oltre vent'anni di esperienza e professori di Motion Design e 3D alla Naba - è stata capire come usare i filmati di archivio. “Hanno spesso il limite della bassa qualità,” racconta Poci, “e quindi impossibili da usare a pieno schermo. Abbiamo cercato soluzioni stilistiche che potessero dare la stessa carica emotiva, creando inquadrature con clip multiple che convogliassero la stessa emozione (guerra, miseria estrema, combattimenti, ricostruzione, riforme, ecc.) senza disperdere l'attenzione dello spettatore.”

La nebbia e le nuvole sono state una sfida: “Nel dialogo con te sono diventate una cifra stilistica di ogni passaggio della vita di De Gasperi, il simbolo concreto che rende la misteriosità e la nebulosità degli eventi che stanno accadendo. Realizzarle ha significato prevedere la gestione di enormi quantità di fumi e nubi, quindi una fase di ricerca, di studio e di prove per trovare l'equilibrio tra il limite tecnico e la resa emotiva finale.”

La scena di apertura e la scena del matrimonio con lo stesso tipo di nebbia che si sfilaccia hanno presentato difficoltà perché sono movimenti di camera maestosi e lunghi, così come le nubi nella seconda parte. “L'obiettivo era di ottenere una resa quanto più articolata e più viva possibile, in modo che nebbia e nubi non risultassero “pannelli statici” ma facessero sentire di essere dentro un elemento concreto, per quanto sfuggente.” Non dovevano essere percepite come uno “sfondo” ma come “ambiente” dentro cui avviene l'azione. “In alcuni punti è stata utile l'IA che ha animato asset statici con appositi tool, non solo però con le nuvole. Nella scena che racconta le rovine della guerra, rappresentata con una sola via bombardata e diroccata abbiamo usato l'IA partendo da una foto per ottenere la ricostruzione della profondità dell'ambiente e rendere l'effetto che la camera entrasse nella scena. Un uso non troppo invasivo ma utilissimo per rendere tutto più animato.”

Per De Luca, il motore principale del lavoro è stato di “avere a che fare con qualcosa di prezioso, perché lavoravo con elementi storici importanti nella costruzione di una memoria condivisa. E per seguire le tue indicazioni dovevamo “domare” un amalgama di elementi diversi, immagini storiche che si mescolano con elementi “alieni” come nebbie, fumi e ambientazioni ma anche oggetti e immagini non direttamente collegate al materiale storico (come il Cristo Pantocratore): l'aspetto più delicato era amalgamare gli elementi alieni con i materiali storici che comunque davano uno standard e quindi i materiali che crei da zero devono avere quella “carnosità storica” che li rende affini. Un buon esempio è la scena del cappotto, semplice eppur difficile: il cappotto è un elemento centrale dentro uno spazio molto ampio che è da amalgamare in modo perfetto con i filmati d'archivio.”

Abbiamo cercato uno stile d’animazione che fosse morbido, riflessivo, attento al respiro. “Molto spesso lavora per l'advertising dove per ovvi motivi è tutto incalzante veloce e strillato, mentre qui cercavamo una dimensione più profonda che accompagnasse il racconto perché continuavi a ripetere che dovevamo “rendere lo spirito di De Gasperi” e il nostro driver principale era lo script che suggeriva la persona e quindi anche il mood più giusto per interpretare la sua personalità. Il momento in cui ho capito il ritmo che volevi è nella scena della “galera-stanza della povertà-libreria vaticana” con entrate e uscite di pareti diverse. Per il mio approccio l'idea è muoversi rapidamente, mentre tu volevi rallentare, con movimento più teatrale ed esibito, “a vista”, e quindi evitare accelerazioni e rallentamenti e creare qualcosa di morbido.”


AUDIO E SOUND DESIGN

CREARE SUONI AL SERVIZIO DEL RACCONTO

Su questo fronte abbiamo lavorato con Attilio Salinetti e Fabio Cucculelli di Voxfarm: “Per il doppiaggio, abbiamo provato strade diverse perché chiedevi due registri: recitativo per la parte più personale e descrittivo per la parte più storica. Alla fine della sessione abbiamo rifatto la prima parte su tua richiesta e ci stava, perché spesso accade l'attore sul finale si scaldi e trovi una chiave più giusta, che abbiamo quindi usato per rifare la prima parte più intima, mentre le parti più descrittive erano già perfette.”

Nel lavoro di sound design sono partiti da musiche già scelte, “ma su quelle tracce ci abbiamo tessuto sopra un vestito di altri suoni, di effetti e coloriture per dare più corpo e profondità al racconto, affinando via via secondo le tue richieste del regista (mandavi note puntuali che hanno reso fluido il lavoro).” In questo dialogo siamo arrivati all’equilibro nel mixage tra parlato, sound effects e musiche, che dà risalto alla parola e spinge in avanti. Poi ci sono stati interventi creativi più larghi, come nella scena del vestito da sposa, “dove abbiamo tessuto effetti complessi tra la musica e la marcia nuziale che vengono “assaliti” poi dai rumori violenti del fascismo (marcia dei soldati, voce di Mussolini)”. Sono interventi efficaci perché molto leggeri, ma se non ci fossero si sentirebbe la mancanza: “come nella la scena intima con l'effetto della fiamma della candela, oppure sull'inno nazionale che si miscela con la musica già presente innestando il senso del nuovo per dare un senso di sorpresa dell'evento.”


IL CORAGGIO DI SPERARE

Con questo short movie abbiamo provato a raccontare De Gasperi come l'uomo che non può essere fermato: la storia si può fecondare solo nella pazienza, che non è tranquillità perché è il tempo nel quale si rischia tutto quello che si ha sopra i propri ideali. Ascoltando le sue parole, più audaci della rivoluzione più audace, e tenendo presente la sua fede, viene in mente l'invito di San Benedetto ai suoi monaci: “canta i salmi come se piantassi un seme, pianta un seme come se cantassi un salmo.” Dalle lettere e dai diari è evidente l'amore che sente da parte di un Dio che si è rivelato come nostra stessa carne. Dalle sue azioni, è evidente la fede del seminatore. Ma non tutti i semi che ha piantato sono germogliati. E fedele al suo realismo, Alcide registra con dolore questi fallimenti alla fine di una vita che in fondo sente incompiuta.

Sono parole che tagliano, eppure sono bellissime perché raccontano senza fingere, perché è giusto questo suo dolore: niente può placare la voragine di fame e sete del nostro cuore inquieto, nemmeno se sei uno che ha permesso la resurrezione dell'Italia.

È un tipo intrigante, questo montanaro trentino, questo italiano, questo europeo: non si faceva fermare dalla paura perché metteva in campo il coraggio di sperare. Non era un ottimista, né del pensiero né della volontà, era uno che sperava, che aveva il coraggio di rinunciare a tutte le illusioni, di partire da un'analisi spietata e da una comprensione dolorosa dei dati di realtà, e poi di costruire su di essi: ci mostra, insomma, il coraggio della speranza.

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